Malattie ereditarie della retina, si chiamano comunemente così.
Un insieme di patologie che potremmo pensare piuttosto rare ma che
invece colpiscono oltre 200.000 persone nella sola Europa. Numeri
di tutto rispetto che nascondono decorsi clinici che spesso hanno
la cecità come esito finale. Le cause? Difetti nell'espressione dei
geni contenuti nei fotorecettori, le cellule responsabili della
traduzione dell'impulso luminoso nel segnale nervoso che viene
inviato al cervello. Una deficienza iscritta nel nostro Dna e
quindi estremamente difficile da contrastare. A meno che la terapia
genica non intervenga a mettere le cose a posto, fornendo una copia
corretta del gene che non funziona tramite un opportuno vettore,
che solitamente è un virus modificato in laboratorio. Il principio
non è difficile da capire. Una sequenza di Dna non può svolgere il
suo compito? Grazie alla terapia genica è possibile donare
alla cellula la funzionalità mancante. La pratica presenta però dei
problemi, legati soprattutto al vettore da utilizzare, spesso
troppo poco efficiente o inadatto a trasportare i geni
coinvolti.
Successi passati e futuri
RetGenTx è il progetto europeo che vede la Fondazione TELETHON protagonista
e che ha come obiettivo quello di superare gli ostacoli che oggi
impediscono di trattare con la terapia genica malattie della retina
come la Sindrome di Stargardt o la sindrome di Usher. E permettere
dunque che per questi malati possa essere fatto ciò che è stato
possibile per un gruppo di pazienti affetti da alcune forme di
amaurosi congenita di Leber. Il gruppo del professor Alberto
Auricchio, che lavora presso Tigem, l'Istituto Telethon di genetica
e medicina di Napoli, ed è responsabile di RetGenTx, in
collaborazione con il Children's Hospital di Philadelphia e con il
gruppo di Francesca Simonelli della Seconda Università di Napoli,
nel 2008 è riuscito infatti in un'impresa straordinaria: quella di
arrivare per la prima volta a un successo terapeutico nel
trattamento con terapia genica di una patologia ereditaria della
retina. Da allora sono stati 12 i pazienti che hanno avuto accesso,
con ottimi risultati, a questa approccio d'avanguardia. Un grande
traguardo che ha aperto nuove speranze per le molte patologie che
potrebbero essere trattate con questa strategia. Anche se sono
ancora diversi gli ostacoli da superare.
Ciò che bisogna scoprire
Il primo e al momento più importante è, come già anticipato,
proprio il vettore. Tra quelli attualmente a disposizione, molti
non sono in grado di trasportare geni di grandi dimensioni, come
quelli responsabili di molte malattie ereditarie. Altri nei test di
laboratorio hanno presentato delle impreviste difficoltà con cui
gli scienziati devono fare i conti. Un percorso lungo e
complicato, dunque, che i ricercatori stanno affrontando anche
grazie ai finanziamenti ottenuti con il progetto RetGenTx, che si
concluderà nel 2016. L'obiettivo è chiaro: trovare una risposta ai
molti punti interrogativi ancora presenti, in una sfida i cui
frutti potrebbero essere dei più importanti. Per la terapia genica,
infatti, l'occhio e le sue patologie sono considerati un'ottima
palestra per sperimentare terapie da utilizzarsi anche in altri
contesti e per altre malattie. Nell'occhio, infatti, il nostro
sistema immunitario risulta meno aggressivo, riducendo così le
possibilità che il virus utilizzato come vettore venga riconosciuto
come elemento estraneo e quindi distrutto. Inoltre, anche dal punto
di vista anatomico, l'occhio è facilmente accessibile, permettendo
così una più agevole iniezione del vettore nell'area da trattare.
Ecco spiegato il motivo per cui molti degli sforzi si concentrano
proprio su quest'organo. Perché punto di partenza importante per
definire strategie efficaci, insomma. E spingere così le
applicazioni della terapia genica molto lontano.